Moda Sostenibile: come Veja, Stella McCartney, Brunello Cucinelli e Patagonia stanno cambiando l’industria della moda
La “moda lenta” o “slow fashion” è un movimento che promuove la produzione di abbigliamento di qualità superiore e la valorizzazione dei capi esistenti. Questo approccio vuole contrastare il ciclo veloce della moda che spinge al consumo eccessivo e allo spreco. Riducendo la quantità di prodotti e favorendo la durabilità, si può contribuire a ridurre l’impatto ambientale. C’è una crescente consapevolezza su questo aspetto: l’industria della moda produce spesso troppo, con conseguenze negative sull’ambiente. L’obiettivo della moda sostenibile è quello di promuovere la produzione di capi di abbigliamento di alta qualità, durevoli e con un impatto ambientale ridotto, incoraggiando il consumatore a fare scelte più consapevoli e tutelando i lavoratori dal punto di vista etico ed economico.
Photo credits: VEJA (anche in copertina)
Veja dichiara che produrre un paio di scarpe costa a loro 5 volte di più rispetto ad altri brand; questo soprattutto per l’impegno nell’utilizzare materie prime che rispettano i principi del commercio equo e solidale, l’ambiente e i diritti dei lavoratori. Il brand inoltre si basa su una semplice osservazione: il 70% del costo di una sneaker di grandi brand è legato alla pubblicità; eliminare questi costi, significa investire nella realtà piuttosto che nella finzione, investendo le risorse che normalmente verrebbero destinate al marketing verso ciò che conta veramente: garantire il benessere delle persone che producono le scarpe da ginnastica. I produttori di materie prime vengono così ricompensati più giustamente, gli impatti sociali e ambientali vengono costantemente ottimizzati e le sneakers vengono realizzate in condizioni in cui tutti ricevono il rispetto che meritano. In Veja insomma invece di fare affidamento sul marketing pubblicitario fanno affidamento sull’intelligenza collettiva e sulla consapevolezza. Negli store ci sono anche dei banchi destinati alla riparazione delle scarpe; conservare e rendere durevoli i prodotti è uno dei passi per minimizzare consumismo ossessivo, sprechi, e sovrapproduzione.
Photo credits: Stella McCartney
Stella McCartney ha lanciato nel 2011 la sua etichetta, con una linea di capi e di accessori sostenibili e che lei stessa definisce “vegetariani”. Nella filosofia della creatrice e del brand ci sono valori come il rispetto per l’ambiente, il basso impatto della catena produttiva, l’uso di materiali che utilizzino scarti e prodotti riciclati e rigenerati oltre all’uso di fibre naturali. Il brand ha creato una piattaforma per condividere questa visione, per la diffusione di ricerche e informazioni che permettano anche ai nuovi stilisti di essere consapevoli e partecipi di un metodo e di un impegno nei confronti dell’ambiente. La responsabilizzazione è rivolta anche ai consumatori; nello store di Bond Street a Londra, messaggi e video incoraggiano il rispetto per la natura e l’acquisto consapevole. In questo negozio sono stati utilizzati elementi fatti a mano, organici e provenienti da fonti sostenibili. I pannelli murali sono in cartapesta riciclata dai rifiuti di carta degli uffici del brand a Londra, elementi scultorei e semplici in legno grezzo si contrappongono a blocchi colorati in silicone (che a differenza della plastica non è derivato dal petrolio ed è quindi considerato eco-friendly); i manichini (Bonaveri) sono in canna da zucchero, dunque completamente biodegradabili e un sistema di purificazione dell’aria rimuove il 95% di inquinanti atmosferici e gas nocivi garantendo il benessere del consumatore.
Photo credits: Brunello Cucinelli
C’è poi il “capitalismo umanistico” di Brunello Cucinelli che produce lentamente, in un borgo di cui si è preso cura a partire dagli anni ’80. In controtendenza rispetto alla disaffezione che si coltivava in quegli anni per storia, radici, artigianato, Cucinelli aveva visto nel Borgo di Solomeo uno stile di vita e un modello d’impresa. Oggi il borgo, alle porte di Perugia, è stato completamente restaurato, la lavorazione del cachemire viene affiancata ad attività culturali, sociali, collettive, che garantiscono il benessere di chi lavora con il brand. Il rispetto del lavoratore, infatti, viene prima di tutto, in un contesto in cui si è attorniati da un Foro delle Arti, una Biblioteca, un Teatro e una Scuola dei Mestieri (dove i giovani imparano le arti di sartoria, maglieria, giardinaggio e agricoltura). I dipendenti, a Solomeo, consumano ogni giorno un pranzo aziendale di 90 minuti a base di slow food italiano; tutto abbraccia insomma uno stile di vita e di produzione, consapevole e lento, semplice e con un impatto positivo sull’ambiente.
Photo credits: Patagonia
Le questioni ambientali più urgenti sono parte dell’impegno aziendale di Patagonia; il brand, per il proprio 50° anniversario, vuole guardare al futuro della vita sulla terra, proteggendo il pianeta come nostra unica casa. Finora ha versato più di 100 milioni di dollari a gruppi ambientalisti. La tassa che Patagonia si autoimpone dal 1985, 1% for the Planet, sostiene le organizzazioni ambientali no profit che si battono per difendere l’aria, la terra e l’acqua in tutto il mondo. Nel 2002, Yvon Chouinard, fondatore del brand, e Craig Mathews, proprietario di Blue Ribbon Flies, hanno creato un’organizzazione non-profit per incoraggiare altre aziende a fare lo stesso. Quali benefici per brand come Patagonia? La soddisfazione di diffondere una maggiore responsabilità aziendale nella comunità degli imprenditori e il riconoscimento, il sostegno e la tutela di consumatori coscienziosi che danno valore a un serio impegno per l’ambiente.
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