
Quando l’architettura ascolta la terra: Biennale di Venezia 2025
A Venezia il futuro si intreccia con la memoria e con la bellezza di un corpo fragile. C’è una qualità del silenzio, in questo luogo straordinario, che non esiste altrove. È il silenzio dell’acqua tra le calli, quando la città riposa. Quest’anno, in quel silenzio si inserisce una nuova voce: quella della Biennale Architettura 2025, sotto la guida lucida e visionaria di Carlo Ratti. Una voce che non impone, ma interpella; che non costruisce risposte, ma domande. Venezia è oggi uno dei simboli più emblematici dell’urgenza climatica e della necessità di preservare e valorizzare ogni patrimonio culturale, sociale e ambientale. L’innalzamento del livello del mare minaccia la sua esistenza, rendendola al tempo stesso metafora ideale per riflettere sull’equilibrio tra uomo, natura e architettura, su ciò che merita di essere custodito e tramandato. In questo contesto unico, Ratti, partendo da un atto di ascolto profondo, ci invita a vivere l’architettura come strumento di intelligenza collettiva: un corpo sensibile capace di adattarsi e reagire. Lontano dai clamori estetici, la mostra è un viaggio empatico e analitico nella materia più viva che abbiamo: il pianeta.
Photo Courtesy: La Biennale di Venezia (anche in copertina)
Questa edizione sceglie di partire non dalle certezze, ma dalle domande. Di interrogare lo spazio non per dominarlo, ma per capirne le intelligenze nascoste: naturali, collettive, sensibili. Il surriscaldamento globale non è più un monito, ma una presenza. Ratti sceglie di affrontarlo con la freddezza dell’ingegnere e la poesia dell’architetto, mostrando come edifici e città possano diventare organismi termoregolatori. Il titolo Intelligens. Naturale. Artificiale. Collettiva non è un tema, ma un’apertura. L’intelligenza, qui, non è solo quella umana. È quella distribuita nella natura, nei materiali, nelle comunità. Le installazioni parlano di superfici che respirano, muri che proteggono, progetti che coinvolgono i cittadini. Le proposte selezionate non rispondono con la paura, non gridano soluzioni ma suggeriscono adattamenti: una nuova estetica della resistenza, una grammatica urbana capace di dialogare con i climi che cambiano.
Photo Courtesy: La Biennale di Venezia
Ogni scelta progettuale è una presa di posizione, una pratica di coscienza dove lo spazio diventa un atto etico. La Biennale 2025 invita a disimparare l’indifferenza, spingendo architetti e cittadini verso una nuova alfabetizzazione ambientale e sociale. I padiglioni diventano stanze del pensiero, dove la consapevolezza si costruisce camminando, leggendo, toccando. Dalla Corea all’Amazzonia, i progetti raccontano territori ascoltati e rispettati, non occupati. L’architettura non è più un gesto autoreferenziale, ma una forma di attenzione radicale verso l’altro. Il surriscaldamento globale è la ferita aperta da cui parte tutto. Ma questa Biennale non si rifugia in scenari apocalittici: cerca risposte pragmatiche, attraverso progetti che si fanno complici del tempo, invece che sue vittime.
Photo Courtesy: La Biennale di Venezia
Nella Venezia sospesa e sublime, è necessario ridurre, ripensare, restituire. La riflessione sul valore e sulla gestione responsabile delle risorse è ancora più urgente. Acqua, suolo, materiali: ogni elemento è trattato come bene comune da Carlo Ratti, che guida la curatela con precisione chirurgica, selezionando progetti che riscrivono l’economia del costruire. Dalle architetture compostabili ai sistemi di autorecupero energetico, emerge un nuovo modo di abitare il mondo: leggero, circolare, trasparente. La sostenibilità smette di essere un’aggiunta, per diventare la condizione stessa del disegnare; non è un’etichetta, ma il punto di partenza. Entrando nei padiglioni, si ha la sensazione di attraversare un paesaggio mentale: ogni progetto è un invito a pensare. Non solo agli spazi che abitiamo, ma anche a quelli che trascuriamo. L’architettura, in questa narrazione, non è più gesto individuale, ma atto etico di responsabilità condivisa. Un modo di posizionarsi nel mondo. Un’attenzione.
Photo Courtesy: La Biennale di Venezia
Oggi il progetto si confronta con la scarsità. Da questa scarsità nasce un’estetica nuova, essenziale, intelligente. Meno monumentale e più adattiva con costruzioni leggere, materiali locali riattivati con tecniche tradizionali. In questo scenario, il sapere, ci ricorda Ratti, è la risorsa più democratica che abbiamo, è la più importante infrastruttura su cui investire, con la forza e la fertilità della condivisione. La Biennale si fa così grande esercizio di apertura: piattaforma viva, luogo di intersezione tra discipline, culture, generazioni. Uno spazio proiettato verso le pratiche collettive, verso l’intelligenza distribuita, verso la condivisione del sapere. Le opere esposte raccontano processi più che prodotti. L’architettura non è più solo professione, ma comunità. Un’alleanza tra chi crea e chi vive gli spazi. Non più torre d’avorio, ma luogo d’incontro. Non più solo costruzione, ma relazione. E Venezia diventa il simbolo perfetto di questa nuova postura fragile e potente: quella di chi progetta ascoltando.