L’intelligenza artificiale sarà davvero il futuro del design? Intervista ad un giovane creativo
Marco Billotti è un freelance Graphic Designer di 23 anni. Vive a Milano ma è nato e cresciuto tra le montagne della Valle D’Aosta; si descrive come un ragazzo molto timido, introverso e molto curioso, alla costante ricerca del sapere. Marco ama imparare, traendo insegnamento da ogni cosa e si cimenta in campi nuovi per esplorare e conservare sempre qualcosa di utile. Si considera fortunato perché riesce a far coincidere la sua più grande passione, il graphic design, con il lavoro. Marco, fin da adolescente, è affascinato dagli stimoli suscitati da un semplice manifesto, da un logo, da un carattere tipografico, tanto da decidere un percorso ben preciso: il liceo artistico a indirizzo grafico prima e poi IED Milano a indirizzo Graphic Design.
Il mondo della creatività sta fortemente cambiando? Quali strumenti usi e quali ti intrigano tra quelli più innovativi e recenti?
Il mondo della creatività sta cambiando soprattutto con l’avvento dell’intelligenza artificiale. Tutto si sta piano piano fondendo ed è sempre più facile essere contaminati da qualcosa di nuovo e non strettamente legato alla nicchia prescelta, questa cosa mi piace molto. La multidisciplinarietà e la contaminazione, per me, sono due elementi fondamentali. Tuttavia la contaminazione fa sì che, più o meno tutto, diventi simile, che la curva della creatività si appiattisca; emergere con uno stile diverso o “staccarsi dalla massa” risulta più difficile. Uso spesso l’intelligenza artificiale che è, per me, una buona base, un sostegno nella ricerca e velocizza alcuni processi di contorno, per esempio il ritocco e la correzione degli ultimi dettagli.
I social network sono piattaforme per divertirsi, passare il tempo, lavorare?
Con i social network ci si può divertire, ci si può passare il tempo e si può anche lavorare; basti pensare che a oggi aprire un’attività senza un social collegato sarebbe come aprire un negozio senza vetrina, impossibile. I social sono parte della nostra quotidianità e sono uno strumento potentissimo di comunicazione; attraverso poche righe di testo, un’immagine, una grafica, un breve video, si possono far passare messaggi fortissimi, si può plasmare l’opinione di un insieme di persone. Attraverso l’utilizzo dei social si possono capire i trend, quali sono i gusti delle persone, avere statistiche, si può accedere a una marea infinita di dati che prima erano molto più complessi da ottenere.
Ti ritieni più analogico o più digitale? Più nomade o più stanziale?
Mi ritengo più analogico; la scelta della carta, i materiali, gli odori sono insostituibili per me, ma sicuramente sono anche digitale. Riesco ad esprimermi meglio e riesco a visualizzare le idee in maniera più comoda se, prima di utilizzare il computer, schizzo il progetto, le linee guida, su carta. Il primo atterraggio dell’idea deve sempre avvenire su carta, senza questa parte analogica, il processo creativo risulta per me più complesso. Tra nomade o stanziale forse mi ritengo più nomade, mi piace provare posti nuovi, lavorare in ambienti che aiutino la mia creatività, che mi diano connessioni, dinamismo e input sempre nuovi.
Preferisci lavoro in presenza o da remoto? Incontrare dal vero o incrociare sguardi e presenze online?
Lavorare online è molto comodo; intanto perché dalla sedia della mia scrivania mi permette di viaggiare in tutto il mondo e poi perché potrei fisicamente essere a Milano, ad Aosta o a Parigi e nulla cambierebbe in termini di scambi e operatività. Il lavoro online ha davvero tanti pregi ma sinceramente io amo il lavoro in presenza. Scambiarsi sguardi, avere un contatto, il calore e, perché no, a volte la freddezza umana non ha paragoni. Vivere di emozioni vere. Oltretutto in presenza personalmente, riesco a velocizzare alcuni passaggi; lo svago, ad esempio, per raggiungere il posto di lavoro, mi aiuta poi ad essere più concentrato e produttivo.
Se dovessi parlare di un progetto che ti ha aiutato a esaltare la tua creatività al massimo quale sceglieresti?
Difficile trovarne uno in particolare perché cerco di racchiudere sempre una parte di me in tutti i lavori e infine mi ci affeziono. I progetti che mi hanno più stimolato sono la Tesi di Laurea “10100000” (uno, nessuno e centomila) sviluppata in IED Milano (con la collega Bianca Tomasi) e “Caddy Dolce 50s”. “10100000” stimola la riflessione sulla natura contraddittoria della nostra realtà, attraverso provocazioni e paradossi, per evidenziare la distinzione tra reale e virtuale. Partendo da un tema astratto, il progetto fa riflettere sulla quotidianità e su quale possa essere la funzione di una bandiera ai giorni nostri. Il progetto “Caddy dolce 50s”, in collaborazione con IED Milano, è stata una preziosa occasione per imparare a gestire un lavoro in team e riguardava la personalizzazione degli interni e degli esterni del veicolo. Il progetto è sfociato nella realizzazione su scala reale; vedere un’idea, dapprima plasmata attraverso uno schizzo, trasformarsi in realtà, mi ha regalato la soddisfazione più grande.
Photo credits: IED + Rangoni e Affini (anche in copertina)
Da giovanissimo creativo come vedi la tua professione proiettata nei prossimi anni? Il futuro ti intriga, spaventa, incuriosisce?
Vedo la mia professione in divenire, una serie di sfide in evoluzione. Tanti guardano con paura l’avvento dell’intelligenza artificiale, secondo me va considerata un alleato nella creatività. Sarà uno strumento in più, che non può far altro che migliorare il nostro lavoro e magari semplificare o velocizzare alcuni processi, offrendo un nuovo punto di vista da cui osservare ciò che si crea. Sicurante ci saranno nuove operatività da imparare, il lavoro e i tempi cambieranno e a parer mio una figura nuova, quella del prompt designer sarà molto rilevante e fondamentale nel mondo del design. Ci saranno sicuramente figure nuove e molte professioni muteranno. Questo fattore del cambiamento non mi ha mai spaventato, anzi mi ha sempre incuriosito, perché solo grazie al cambiamento possiamo dare il massimo e non rendere tutto monotono e noioso.