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Vino, paesaggio, architettura

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Ci sono territori in cui il vino non è solo una produzione, ma un linguaggio del paesaggio: una voce che si intreccia con la luce, le stagioni, la memoria delle famiglie. Camminando tra le colline, capita di imbattersi in architetture che non interrompono il ritmo naturale, ma lo amplificano; opere che diventano parte del racconto, come punti di colore o silenzi necessari. È il caso della Cappella del Barolo a La Morra, trasformata da Sol LeWitt e David Tremlett in un’icona di arte e territorio, un segno che rinnova lo sguardo su filari antichi. Da qui si apre un viaggio che unisce vino, architettura e paesaggio in un unico gesto: un percorso di luoghi che non si limitano a produrre, ma che scelgono di accogliere, insegnare, ispirare. (Ricordiamo che La Cappella del Barolo è temporaneamente  inaccessibile per lavori in corso, tornerà visitabile nell’autunno 2026).

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Quando l’ex avvocato milanese Carlo Cignozzi ha deciso di lasciare la città per trasferirsi nella campagna toscana, molti hanno immaginato un ritorno alla terra romantico e forse un po’ incosciente. In realtà, stava costruendo un laboratorio a cielo aperto: Paradiso di Frassina, il vigneto che cresce accompagnato dalla musica di Mozart diffusa quotidianamente tra i filari. Secondo Cignozzi, le viti rispondono alle vibrazioni sonore con una crescita più equilibrata e un sistema immunitario più forte. Al di là dell’effetto scientifico, ciò che colpisce è la dimensione poetica dell’idea: il vigneto come organismo sensibile, in dialogo con l’ambiente, la musica e il tempo. Un modo diverso di intendere la coltivazione, dove tecnologia e romanticismo si incontrano in una forma di agricoltura emozionale.

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In Franciacorta, tra le geometrie dei filari e l’aria tersa delle colline, la cantina Ca’ del Bosco ospita Sound of Marble, l’installazione firmata dall’architetto giapponese Tsuyoshi Tane, originariamente progettata per Marmomacc. È un padiglione che sembra nato da una contraddizione: pareti sottilissime, curve, autoportanti, scolpite in marmo Estremoz, una pietra capace di cambiare colore con la pioggia, lasciando che le venature rispondano alla luce come un organismo vivente. All’interno, Tane costruisce un luogo di ascolto. Le forme calibrate dell’opera amplificano i suoni della natura (il vento, gli uccelli, i fruscii del vigneto) trasformandoli in una vibrazione fisica che attraversa la materia. Sound of Marble è un piccolo “tempio della percezione”, un dispositivo che unisce le qualità ancestrali della pietra a una sperimentazione contemporanea, invitando il visitatore a fermarsi, respirare, ascoltare il paesaggio come se fosse musica.

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Tra le colline di Montevecchia, in Lombardia, la casa vinicola Il Ceresè rappresenta una delle interpretazioni più interessanti del rapporto tra cantina e territorio. Il progetto traduce il paesaggio in un vero e proprio spazio scenico: un’architettura essenziale, quasi un segno nel terreno, che si apre in un gioco di pieni e vuoti verso i filari. La copertura  è una linea sospesa tra terra e cielo, mentre gli interni accolgono il visitatore con materiali caldi e una luce calibrata per accompagnare il racconto del vino. Il risultato è un luogo che non cerca monumentalità, ma continuità con la natura, trasformando la cantina in un’esperienza di attraversamento e ascolto del paesaggio, dove produzione, ospitalità e contemplazione si fondono in un’unica narrazione contemporanea.

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Il futuro delle cantine italiane passa sempre più attraverso tre parole chiave: sostenibilità, estetica, umanità. Significa immaginare spazi produttivi che rispettano l’ambiente, esperienze sensoriali che valorizzano il territorio e architetture che dialogano con le persone prima ancora che con il mercato. Molte di queste storie nascono da famiglie che hanno scelto di restare, o di tornare, per custodire la terra e reinventarla. La nuova generazione di vignaioli, sta riportando al centro il valore culturale del vino: non solo un prodotto, ma un patrimonio fatto di paesaggi, scelte etiche, visioni condivise. In queste cantine, la bellezza non è decorazione: è un atto agricolo, un impegno verso la qualità, un modo per tenere insieme memoria e desiderio. È lì, tra le vigne, che architettura, arte e natura continuano a intrecciarsi, disegnando una nuova geografia emotiva del paesaggio italiano.

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