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FERRARI: un mito raccontato al cinema

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Il film “Ferrari”, presentato all’ultimo festival del Cinema di Venezia, è il pretesto per un tuffo nella storia di un brand; forse è anche l’aggancio perfetto per fare una riflessione sulla storia dell’imprenditoria italiana che, nel dopoguerra, ha partorito un “modello” in cui menti visionarie e ambiziose sono state capaci di unire perfezione tecnica e qualità estetica. La pellicola che lascia spazio a Modena, alla sede di Maranello, alla ricostruzione di alcuni filmati d’epoca in versione cinematografica diventa una vera e propria immersione in un’epoca di cui si respirano la tensione e l’energia.

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Foto credits: Biennale di Venezia

L’imprenditore italiano viene raccontato con la sua consueta dose di genio, capacità, pragmatismo misto ad ambizione. Si può dire che questo tipo di imprenditore ha caratterizzato la modernità del nostro paese, il periodo post bellico in cui, una nazione martoriata dalla guerra è riuscita a risollevarsi con grande slancio, mettendosi in mostra a livello internazionale e creando le basi di gran parte di quello che chiamiamo “made in Italy”.

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Foto credits: Ferrari

È stato così per tutto il design italiano, per l’industria del mobile; l’insieme di genio, follia e pragmatismo, la capacità di tradurre la necessità non solo in tecnicismi ma anche in bellezza ed unicità. Che si tratti di una poltrona o di un’auto poco importa; la straordinarietà che esce anche da questa pellicola è che l’imprenditoria italiana è stata capace di rivoluzionare alcune visioni, allontanandosi dal mero tecnicismo, dando un contributo unico nello stile e nella modalità di realizzazione di tanti prodotti.

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Foto credits: Ferrari

Nel film, la figura femminile risulta una presenza forte e catalizzatrice; Penelope Cruz interpreta il ruolo della moglie di Enzo Ferrari che all’epoca era partecipe dell’avventura imprenditoriale, essendo co-fondatrice dell’azienda. Sembra possa alternarsi l’idea che non è solo un’auto a vincere, sono anche le emozioni. Le scene lente di vita domestica fanno da giusto contraltare a scene in cui la velocità è amplificata, dandoti l’impressione di volerti proiettare nel futuro, facendo, in realtà, un salto nel passato.

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Foto credits: VisitModena

Sembra uscirne un imprenditore cinico, capace di un pragmatismo lucido e severo ma anche emotivo, che subisce il colpo della perdita del figlio Dino e subisce il fascino di due donne con cui divide carriera e vita. Modena con i suoi portici, i mattoni rossi, le piazze tranquille che fanno da collettore di persone, idee, visioni fa da sottofondo al film.

PS chi di voi sapeva che il rosso, così tipico per la Ferrari, non era il colore scelto da Enzo Ferrari per le sue auto e neppure un rimando al rosso del mattone modenese ma il colore assegnato da Fia che impose, per le competizioni internazionali, che ogni paese avesse un colore e all’Italia toccò il rosso (anche Lancia, Maserati e Alfa sfoggiavano in gara la stessa tonalità).

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