5 LIBRI DA NON PERDERE
Se leggere resterà una delle nostre più potenti armi per conoscere, quindi per essere liberi, chiudiamo con alcuni consigli e dedichiamo a voi la nostra più accurata selezione di testi, affinché siano un augurio e buon accompagnamento culturale per il 2025.
Milano Proiezioni astratte è un libro dell’artista e fotografo Paolo Ventura. “Milano è per me una città disegnata nel cielo da centinaia di cavi e fili che si incrociano, corrono paralleli, si inseguono, girano. Oltre a creare una proiezione astratta della città, questi cavi tengono uniti i palazzi come marionette immobili. Una grande forbice potrebbe tagliare uno di questi cavi e tutto crollerebbe. Milano occupa tutti gli spazi in alto e all’orizzonte ogni spazio viene riempito. Non ci sono vuoti dove immaginare qualcosa d’altro.”, Paolo Ventura descrive così la sua città natale, che ha rappresentato attraverso fotografie che sono al limite tra il racconto didascalico e la visione onirica, opere ibride che mescolano fotografia e pittura. Le opere sono ispirate al cinema neorealista offrendo nuove prospettive di scorci ed edifici che spesso riconosciamo. La pittura utilizzata in sovrapposizione alla fotografia permette all’artista di omettere o mettere in evidenza elementi che potrebbero passare inosservati o che hanno troppo peso visivo nelle nostre passeggiate. Passeggiare tra le pagine di Milano è un bellissimo modo per riconoscere o conoscere angoli e scorci che quotidianamente potrebbero passare inosservati. (PS chi di voi non ha, nel proprio cellulare, una fotografia dei cavi che collegano edifici e strade di Milano in una maglia tessuta senza farsi troppo vedere ma fotogenica e d’ispirazione?)
Il superfluo e il necessario, un libro curato da The Plan che racconta 15 anni di attività dello studio Barreca & La Varra a Milano. Riflettere sul loro lavoro significa soffermarsi proprio su questo limite sottile e delicato tra la tentazione del superfluo e le consuetudini del necessario; il come talvolta queste due componenti in architettura si compenetrano fino a far diventare necessario ciò che viene considerato superfluo o viceversa. In questa seconda monografia, Gianandrea Barreca e Giovanni La Varra “mettono in ordine” il loro lavoro ammettendo il disordine, costruendo un indice inaspettato di capitoli, un elenco che contiene poesia, leciti dubbi, ammissioni di “colpe”. Ed è proprio sull’indice che si intuisce il tono del libro che vuole andare in profondità pur senza farsi greve, anzi adottando una leggerezza consapevole e saggia come voce narrante non solo del libro, ma forse dell’intero loro operato. Sorprendere l’ospite di una casa o di una città con segni inaspettati è opera di grande intelligenza e lucidità progettuale, caratteristiche che guidano il lavoro del duo dando vita ad architetture inclusive e protettive ma sempre ben coese con l’intorno e il contesto in cui sono calate.
Quello che noi non siamo di Gianni Biondillo (Premio Bagutta 2024) è un testo denso, che non permette distrazioni; ci si stacca da quelle pagine solo per andare a documentarsi ulteriormente su quanto viene già meticolosamente descritto. Nasce il desiderio di sapere ancor di più, quando l’architetto Biondillo ci regala già un’inedita quantità di informazioni minuziose, precise, da storico. Per un attimo hai il dubbio che si tratti di un saggio e non di un romanzo. Se i fatti riportati non sono frutto della fantasia dello scrittore, allora si ha l’impressione che il racconto dell’architettura del secolo scorso non sia mai stato così esaustivo. Ci si chiede, sulle pagine di questo testo, se e perché la scuola (anche i licei, ma soprattutto le università di settore) abbiano omesso questa parte di racconto; parlare degli architetti attraverso le loro storie personali, avvinghiate tra le guerre, il fascismo, le deportazioni, porterebbe forse fuori strada rispetto alla narrazione dell’architettura in quanto tale? Un libro da leggere subito, da consigliare ai più giovani professionisti per sentire l’energia e la determinazione di chi ha veramente costruito e ricostruito l’Italia dopo le guerre. ( PS ricostruire /ri·co·stru·ì·re/ Costruire di nuovo, riedificare: r. una casa distrutta; r. una città bombardata. PS 2 Cosa non siamo? Non siamo fascisti, questo è il vero spoiler del libro, ma correte a comprarlo)
La versione degli alberi di Stefano Mancuso è il “solito” racconto in cui il rigore scientifico emerge e ci guida in una lettura che riguarda il nostro più grande patrimonio: la natura e le piante. Questo mondo, che ci sembra di conoscere perché lo abbiamo vissuto e sperimentato in più o meno lunghe passeggiate, oppure addomesticando e portando nei nostri giardini o case specie più o meno rare e preziose, viene descritto in un’umanità che non ci sembra possibile; alberi che parlano e talvolta battibeccano tra loro, scrivono libri e li custodiscono in biblioteche, che si dividono in clan con l’intenzione comune di sopravvivere e superare la crisi climatica. È una società in pace, quella degli alberi, con le sue assemblee moderate e intelligenti, i suoi tempi millenari, i suoi rituali e i suoi continui scambi d’informazioni attraverso le radici; ci mostra la comunità degli alberi, che accettare la diversità è sensato, utile e necessario e soprattutto provare ad adattarsi.
Wellness, il secondo romanzo di Nathan Hill, autore statunitense che viene considerato un prodigio, la nuova voce narrante d’America e, forse, dell’opposto dell’American dream. Il sogno è nella relazione piena di aspettative e alle prime battute di due giovani che si conoscono, come dirimpettai, spiandosi dalle finestre illuminate da romantiche candele. Alle spalle dei loro appartamenti, la frizzante città di Chicago, che fa da sfondo del racconto e descrive un’epoca davvero fervida per la cultura americana e in particolare per quella città. La fine del sogno è nella quotidianità della coppia sposata e che, all’inizio degli anni 2000, si trova con un figlio, visioni divergenti e incomprensioni più o meno su tutte le decisioni del presente. Ma la fine del sogno è anche nell’ammettere, da lettore, più o meno le stesse inquietudini, riconoscersi in questa pacata e latente mancanza di visioni libere e promettenti per il futuro. Riconoscere nella storia le connessioni con il presente, ma prima di tutto riconoscerci nella descrizione dei personaggi per diventare, quasi immediatamente, noi stessi protagonisti del romanzo. Wellness è una parola su cui dalla sociologia all’architettura ci si sta interrogando senza avere dato ancora un’univoca e pacifica interpretazione e soluzione. Nasconde diverse insidie una parola così accogliente e morbida, fa riflettere la scelta di un titolo tanto semplice quanto emblematico e irrisolto.